Parrocchia di Santa Maria Elisabetta di Cavallino - Treporti (1699 marzo 2 - 2010)
106 unità archivistiche di primo livello collegateFondo
Consistenza archivistica: 105: regg., bb.
L’archivio storico della Parrocchia di Santa Maria Elisabetta di Cavallino è costituito dall’archivio cosiddetto di ‘sacrestia’ e dalle carte otto−novecentesche del beneficio parrocchiale.
Testimonianze dirette sul fondo, in particolare dell'archivio di ‘sacrestia’ non sono riscontrabili prima della visita di Vincenzo Maria Diedo del 28 maggio 1737: «visitaverunt regesta tantum recenciora baptismatum, matrimoniorum et mortuorum et ad normam Ritualis Romani exarata».
Tuttavia le registrazioni canoniche più antiche che ci sono pervenute iniziano dal 2 marzo 1699, periodo di elevazione della chiesa a parrocchia. Nelle due visite del vescovo Marco Giustinian del 2 giugno 1698 e del 3 giugno 1711 si attesta nella prima che: «vidit pariter tres libros unus erat baptizatorum, alter mortuorum, qui delati sunt ad parochiam Trium Portuum» in quanto più vicina rispetto a Santa Maria assunta di Torcello da cui dipendeva Cavallino. Nella seconda dopo l'elevazione a parrocchia si attesta che: «et quoniam nullum regestium invenit, decrevit provideri tribus libris pro descrivendis baptismatibus, matrimoniis et mortius et serio inculcavit pro inveniendis libris deperditis». L’ordine del presule di recuperare le registrazioni pregresse (dal 1699) rivolto al curato don Antonio Federici non sembra sia stato recepito con le dovuta attenzione e impegno, al punto che don Andrea Bertelli, piovano tra il 1730 e il 1732, annotava nel registro dei battesimi «ho ritrovato un scartafazzo volante e mancante di molte carte e di molte strasciate, neli quale erano scritti battezzati, morti, matrimoni, e perché non andassero dispersi tanti nomi con danno de in parola rispettivamente al suo luogo videlicet». Osservazione che, in altri termini, inseriva anche nel registro dei matrimoni collocandole tra gli atti del 1711: «Seguono li matrimoni ritrovati in un scartofazzo rotto e lacero ricopiati […] da me don Andra Bertelli piovano».
Una volta recuperati e trascritti gli atti canonici più antichi (cfr. Registri canonici diversi), la loro tenuta regolare fu puntualmente attestata e lodata dai vescovi torcellani quali Nicolò Antonio Giustinian il 22 maggio 1755 e Marco Corner il 13 giugno 1761.
Per il secolo XIX sono attestati diversi richiami a una più adeguata tenuta dei registri canonici. Nella visita pastorale del patriarca di Venezia Jacopo Monico, il 3 agosto 1829, si attesta che: «non è archivio ecclesiastico», in risposta don Giorgio Vusio (parroco dal 1826 al 1839) si scusava con una lunga deposizione con ampi riferimenti alla propria condizione abitativa: «alla mia installazione non ho ritrovato i libri dello stato di anime, nè di cresima, ma soltanto ritrovai quelli di battesimi, di matrimoni e morti. Dietro all’anagrafe da me fatta all’atto della mia installazione i miei parrocchiani ascendono a circa 350. Dopo tre anni che fui ramingo perché privo di casa parrocchiale, in seguito a varie istanze fatte al Governo, ed al vice re mi fu stabilita la mia canonica, ove appena passai a stanziare. Sarà da me provveduto il libro per lo stato delle anime, come pure quello delle cresime delle quali tengo tutte le annotazioni […]. Devo pur rassegnare che gl’atti matrimoniali, de’ morti e nati non furono per anco da me registrati, se non ne’ soli libri civili, ma tengo esatte annotazioni, onde riportarle ne’ relativi registri nuovi, tosto che mi perverrano, e che furono già da me ordinati col loro indice. I libbri civili si ritrovavano in tutta regola e lo sarebbero pur gli altri, se la mancanza di domicilio, la necessità di tenere qua e là, come potea alla rinfusa le cose mie, non mi avessero impossibilitato di attendere con tutta regolarità a questa parte de’ miei attributi». Le disposizioni finali della visita non poterono richiedere altro che: «sieno quanto prima compiuti i registri ecclesiastici». Gli stati delle anime, pur compilati, non sono stati reperiti.
Nonostante le assicurazioni di don Vusio anche i registri civili non muovevano all’encomio il Commissariato distrettuale di Venezia, che anzi annotava: «una maggior diligenza di scrittura per risparmio di carte nel presente registro, così pure di chiudere al termine di ogni anno il numero degli iscritti» (cfr. Libri degli atti di nascita , reg. n. 1, c. 42v) e «spiacendo di dover rimarcare li stessi difetti notati nella visita delli 13 febbraio 1829 [manca numero progressivo atto, manca chiusura di fine anno]; più una poca diligenza e pulizia di scrittura. 6 ottobre 1830», e «Ispezionato: richiamandosi ancora una volta il reverendo parroco ad osservare le antecedenti superiori prescrizioni, che vedonsi tuttora ineseguite, usando più attenzione e diligenza nella tenuta di questo registro e rimarcandosi agli atti 22, 2, 4 novembre 1830 delle turpi cancellature che sono vietate dal regolamento. 28 settembre 1831» (cfr. Libri degli atti di matrimonio, reg. 1, cc. 17v, 20v).
Al 1839 risale un inventario dell'archivio che riporta un elenco di registri, non tutti pervenuti: «1 registro messe celebrate, incomincia 12 marzo 1839; […] 1 Libro denunzie matrimoniali, incomincia li 17 novembre 1839 […] 1 Registro cresime, incomincia» (cfr. Cronache e memorie storiche, b. 3).
Nella visita pastorale del patriarca Aurelio Mutti del 1852 si attesta che: «Archivio non ve n’è. I libri, che furono ritrovati dopo la partenza dell’ex parroco Pellegrini [1847−52], sono presso l’Economo Spirituale [padre Isidoro Maria Veronese], tanto i canonici, quanto i civili», il quale iniziò la compilazione. E fu proprio l’economo ad intraprenderne la stesura, «d’ordine di sua eccellenza reverendissima patriarca Mutti», dell’indice alfabetico del registro dei battesimi (1844−81). Non fu questo, tuttavia, il maggior impegno scrittorio di padre Isidoro Maria che, riferendosi al registro dei battesimi, così annotava nel 1852: «fino dal n. 7 anno 1847 questo registro parrocchiale era deficiente; fu compiuto per ordine di sua eccellenza illustrissimo reverendissimo monsignor patriarca Mutti dal padre Isidoro osservante, economo spirituale del Cavallino, aiutato dal male composto registro civile e dalle informazioni prese confuse, e talvolta erronee. Mira la cura che aveva il Pellegrini della Parrocchia del Cavallino in cinque anni di Parrocato!!!».
Anche la tenuta degli atti civili continuava a non risultare adamantina: nell’agosto 1852 il Commissariato distrettuale di Venezia annotava nel registro degli atti di nascita: «in generale si rimarca la poca esattezza nell’empire le finche del registro ed il pessimo formato del carattere».
L’incuria archivistica del parroco Pellegrini è ancora al centro di una lettera del suo successore, don Agostino Maresca, alla Deputazione comunale di Burano, del primo agosto 1853, nella quale descriveva il suo ingresso a Cavallino: «nel mio arrivo in questa cura non ricevei consegna di sorte alcuna; e l’improvvisa partenza del padre Isidoro gli tolse l’occasione di riordinare alla meglio poche carte sopravvanzanti, quali io trovai confuse parte in un vecchio tavolo e parte in terra nel locale addetto alla cucina. […] Si aggiunga, che io venni in questa cura due giorni dopo che ne partì il detto padre Isidoro, ed in questi due di tutto fu aperto, ed in mano a terzi, ed altri che andavano e venivano a loro grado. Con tutto ciò […] ho esaminato ad una ad una tutte le carte, le quali giacciono ancora in confuso».
In occasione della visita pastorale nel 1858 del patriarca Angelo Ramazzotti, nulla fu eccepito circa i registri canonici, mentre per la restante documentazione «fu invitato il parroco ad esaminare le carte appartenenti alla chiesa e che ora giacciono tutte in confuso e a metterle in un archivio separato, e ciò colla maggior possibile sollecitudine». Ed era stato proprio il curato, don Luigi Rosada, a dichiarare «di non aver ritrovato alla sua venuta a Cavallino alcun ordine e decreto del’ultima visita: avvertendo, a tal proposito, che (a quanto si dice) una domestica del defunto mio antecessore molto reverendo don Agostino Maresca abbruciò gran quantità di scritti di questo». Ma proprio don Rosada nel corso del suo lungo mandato (1857−88) osservò scrupolosamente le indicazioni per la tenuta di registri canonici e di altra documentazione, al punto che nelle successive visite pastorali (1860, 1869, 1881, 1895) non si riscontrano richiami di alcuna sorta.
Nel corso del suo fervido impegno pastorale don Arturo Vidal non trascurò l’archivio, acquistando nell’ottobre del 1929 alcuni «scatoloni per archivio» dalle Arti Grafiche Scarabellin Giuseppe di Venezia, e nel corso della visita del patriarca Pietro La Fontaine, il 26 ottobre 1930, il presule notava che don Arturo aveva operato lodevolmente nel rinnovare l’archivio, anche se vi mancavano gli stati delle anime. Infatti i documenti di contabilità della parrocchia permettono di rinvenire una spesa cospicua per l’archivio, probabilmente per l’arredo, e una spesa molto minore per l’acquisto del registro delle anime. Si potrebbe quindi dedurre che si mise tosto all’opera visto che il primo registro della serie Stati delle anime risulta iniziato con la calligrafia di don Vidal.
L’ultimo riordino, che coincide in gran parte con la consistenza attuale, si deve a don Fabio Barbieri, che nella cronistoria parrocchiale da lui tenuta tra il 1953 e il 1960, così annotava iniziando l’anno 1954: «approfittando del freddo e del maltempo di questo mese che mi obbligava a stare in casa, ho iniziato il riordinamento dell’Archivio parrocchiale. I libri canonici mancano sul dorso di etichetta con dicitura ed anno e le varie pratiche erano messe in pacchi legati senza alcun ordine, cosicché sarebbe stato molto difficile rintracciare una pratica matrimoniale od altro. Ho fatto fare 35 cartelle raccoglitrici nelle quali sono state collocate per ordine di soggetto e cronologico tutte le pratiche esistenti nell’archivio. Il lavoro è stato lungo e noioso perché le pratiche di cui sopra erano tenute in un vecchio armadio aderente ad un muro umido e di conseguenza molte di esse erano ammuffite».
Nel corso di tale riordino, come si può ben vedere da quest’ultima citazione, si apposero le etichette sui piatti o sui dorsi delle unità archivistiche allora conservate.
Sempre alla puntigliosità di don Barbieri si deve la redazione di un inventario dei beni mobili della parrocchia di Santa Maria Elisabetta, inventario che include due pagine per l’«Archivio parrocchiale». Oltre alla mobilia che costituiva un vero e proprio “studio” nella canonica, sono elencati 50 «scatole» e 17 «registri».
Si aggiunge infine che l’antico archivio di ‘chiesa’ (registri e carte di amministrazione della fabbrica in antico regime, distinto dal beneficio parrocchiale) non è mai esistito, in quanto la chiesa era sottoposta al regime di giuspatronato e di conseguenza gli oneri economici erano a carico del patrono, per cui i documenti amministrativi afferivano al suo archivio.
Bibliografia
La visita pastorale di Giovanni Ladislao Pyrker nella Diocesi di Venezia (1821), a cura di B. Bertoli e S. Tramontin, Roma 1971 (Thesaurus Ecclesiarum Italiae recentioris aevi, III/5), pp. 139−140;
Le visite pastorali di Jacopo Monico nella Diocesi di Venezia (1829 – 1845), a cura di B. Bertoli e S. Tramontin, Roma 1976 (Thesaurus Ecclesiarum Italiae recentioris aevi, III/10), pp. 186−188.
Fonti
ASPV, Curia patriarcale di Venezia. Archivio 'Segreto', Visite pastorali, bb. 34, 95;
ASPV, Curia episcopale di Torcello, Visite pastorali, reg. 3, cc. 18v−21v, cc. 151V;
ASPV, Curia episcopale di Torcello, Visite pastorali, reg. 4, c. 95v;
ASPV, Curia episcopale di Torcello, Visite pastorali, reg. 5, c. [21v];
ASPV, Curia episcopale di Torcello, Visite pastorali, reg. 6, c. [6v];
PSMEC, Parrocchia di Santa Maria Elisabetta del Cavallino, Registri canonici diversi, reg. 1, pp. [7] prima numerazione, [2] seconda numerazione;
PSMEC, Parrocchia di Santa Maria Elisabetta del Cavallino, Cronache e memorie storiche, b. 3.
Soggetti produttori
- Parrocchia di Santa Maria Elisabetta in Cavallino inizio sec. XVIII -
Compilatori
- Prima redazione: Piero Santostefano
Link risorsa: https://archivista-icar.cultura.gov.it/fonds/28638