Archivio di Stato di Napoli
Condizione giuridica: pubblico
Macrotipologia: Stato
Cenni storico istituzionali:
Notizie sull’esistenza di un archivio regio si hanno dall’epoca sveva: nel titolo V, libro II, delle Costituzioni melfitane si fa riferimento all’Archivum ed ai monumenta publica Curiae. Si sa inoltre, per lo stesso periodo, che nel castello del Salvatore in Napoli (Castel dell’Ovo), così come nel real palazzo in Palermo, si custodivano i quaterni “feudorum et actorum Curiae, collectae generalis et clericarum” mentre da un diploma del 3 febbraio 1272, di Carlo I d’Angiò, risulta che fu disposto il trasferimento in Napoli delle scritture conservate nei castelli di Canosa e di Lucera. Della cancelleria sveva però non è giunto ai nostri tempi altro che un frammento di registro, in copia, degli anni 1239-1240, andato purtroppo distrutto nell’ultima guerra. Nei registri angioini ricorreva frequentemente notizia di spostamenti, al seguito del sovrano, di registri di cancelleria. Alla fine del sec. XIII l’Archivio in Napoli può dirsi costituito con sede nel palazzo Fieschi, già di Pier delle Vigne, alla Sellaria; nell’agosto 1294 passò nel palazzo della curia regia, per ritornare, nel novembre dello stesso anno, nel palazzo Fieschi. Durante il regno di Roberto si ebbero due trasferimenti: uno nel 1325 nelle case vulcano a Porta Petruccia (oggi via Medina), l’altro nel palazzo di somma, di fronte alla chiesa di Sant’Agostino; nello stesso edificio fu sistemata la Zecca regia, così che da quel momento l’Archivio fu comunemente denominato Archivio della regia zecca. Il primo regolamento, di cui si ha notizia, è del 26 marzo 1347, al tempo di Giovanna I. Non mancarono danni e distruzioni: nel 1336 per le intemperie, nel 1346 per i tumulti scoppiati dalla morte di Andrea d’Ungheria, nel sec. XVI e in quelli successivi per tumulti, guerre e calamità naturali. La creazione però di un vero e proprio Archivio generale in Napoli è dovuta a Gioacchino Murat, che, con i decreti del 22 dic. 1808,11 mar. 1810, 3 dic. 1811 e con il regolamento del 16 lug. 1812, ne dispose l’istituzione e regolò la struttura facendo confluire la maggior parte dei fondi in Castel Capuano, dove già il viceré don Pietro di Toledo, nel 1540, aveva riunito gli archivi della Zecca e della Camera della Sommaria. L’enormità della mole delle scritture non rese però possibile il concentramento di tutto il patrimonio documentario in un solo edificio. Dopo la restaurazione, la legge organica del 12 nov. 1818 diede all’Archivio generale il nome di Grande Archivio del regno e ne dichiarò sezioni i tre archivi delle badie benedettine di Cava, Montevergine e Montecassino, rimasti nelle loro sedi, come disposto dal decreto di soppressione del 13 feb. 1807. La legge del 1818, rimasta in vigore fino al 1875, fissò inoltre la divisione delle scritture in cinque sezioni: Diplomatica e politica, Amministrazione interna, Amministrazione finanziaria, Atti giudiziari, Guerra e marina. Confermò, inoltre, l’acquisizione allo Stato degli archivi delle tre badie benedettine, considerandoli sezioni del Grande Archivio di Napoli. L’insufficienza dei locali e il cattivo stato di conservazione delle scritture in Castel Capuano provocarono il rescritto del 25 apr. 1835, che destinò a sede del Grande Archivio l’edificio del soppresso monastero dei SS. Severino e Sossio al Pendino. Compiuti gli opportuni adattamenti, le scritture vi furono sistemate e, nel 1845, in occasione del congresso nazionale degli scienziati italiani, la nuova sede fu solennemente inaugurata.
Con il regolamento archivistico del 1875 il nome di Grande Archivio del regno fu mutato in quello di Archivio di Stato di Napoli. Nel 1885 l’amministrazione militare cedette all’AS Napoli l’archivio militare di Pizzofalcone, con il relativo edificio, già sede dell’ufficio topografico. L’attuale complesso edilizio (monastero dei Santi Severino e Sossio, Archivio militare a Pizzofalcone, deposito di scritture al Divino Amore) si sviluppa per un totale di quattrocento sale, aule e corridoi, ricoprendo una superficie di circa 25.000 metri quadrati. Michele Baffi dette un primo saggio di guida del Grande Archivio del regno; ma spetta a Francesco Trinchera il merito di avere elaborato la prima vera guida organica del vasto complesso documentario nel 1872. Purtroppo le serie elencate dal Trinchera e dalle guide sommarie del 1910 e 1944 hanno subito perdite nell’ultimo conflitto mondiale, in luoghi e momenti diversi. Sulla sede centrale, vicina al porto, caddero bombe e spezzoni incendiari e, in seguito all’esplosione di una nave di munizioni, perfino lamiere infocate, che provocarono l’incendio e la totale distruzione dei depositi dell’ultimo piano di un’ala del fabbricato. Il bombardamento del 4 agosto 1943 semidistrusse l’edificio di Pizzofalcone e travolse nella rovina tutte le scritture. L’ultimo e più grave disastro si verificò nel deposito di sicurezza di villa Montesano nel Nolano, presso San Paolo Bel Sito, dove erano state trasportate le serie più preziose, quando non si supponeva che la guerra si sarebbe spostata sul territorio nazionale: nel settembre del 1943 le truppe tedesche in ritirata vi appiccarono il fuoco, che distrusse l’edificio e il suo prezioso contenuto. Ancor oggi è impossibile redigere un bilancio preciso delle perdite. Gli archivisti napoletani non tardarono a reagire, nell’unica maniera positiva possibile, al disastro che aveva colpito il loro istituto: negli anni che immediatamente seguirono alla fine del conflitto intrapresero quell’opera di recupero che, condotta per decenni, ha permesso di ridare vita e organicità a serie ritenute irrimediabilmente perdute, di reperirne perfino di sconosciute, di raccogliere (e gradualmente pubblicare), da originali, copie, manoscritti, codici, fotografie, microfilm, pubblicazioni e fonti inedite, ciò che rimaneva dei documenti della cancelleria angioina, andata distrutta. Si è cercato di portare alla luce e di individuare scritture di ignota origine e natura accatastate su vecchie scaffalature o giacenti nei sotterranei. Si sono ritrovate serie citate dal Trinchera, e ritenute perdute, e perfino fondi di cui si ignorava l’esistenza, come il vero archivio della Segreteria d’azienda. Si è trattato di un lento e faticoso recupero del materiale documentario; dell’individuazione, fascicolo per fascicolo, e a volte foglio per foglio, dei fondi e della loro sistemazione definitiva, purtroppo spesso non più rispondente a quella che era stata la struttura precedente. L’attuale organizzazione degli uffici, come partizioni interne dell’Archivio di Stato di Napoli (e la corrispondente suddivisione delle scritture), si discosta da quella dei tempi del Trinchera, e delle guide generali del 1910 e 1944, di quel tanto che è stato imposto o dal verificarsi di particolari eventi, come la distruzione della Cancelleria angioina, che ha portato all’istituzione di un ufficio della ricostruzione angioina, o dall’evolversi della legislazione, con il conseguente, ampio accoglimento negli Archivi di Stato di archivi privati e gentilizi e di atti notarili: o infine dal progresso della tecnica applicata agli archivi, che li ha arricchiti di una sezione di fotoriproduzione e di un laboratorio di legatoria e restauro.
Istituito con il regio decreto del 22 dicembre 1808 alle dipendenze del Ministero degli affari interni, con il compito di riunire le scritture degli organi dello Stato, l’Archivio Generale del Regno costituì il primo esempio in ltalia di istituto archivistico con caratteristiche di generalità e di pubblicità. La sua prima sede fu in Castelcapuano, dove andarono a concentrarsi gli atti delle magistrature statali cessate, fino agli organi dello Stato borbonico, appena abbattuto. Il decreto istitutivo faceva riferimento in particolare agli archivi di alcune magistrature dell’antico regime, la Cancelleria, le Segreterie di Stato, la Regia Camera della Sommaria (complesso documentario costituito propriamente da sei archivi, rispettivamente l’Archivio Grande, quelli dei Quinternioni, del Cedolario, delle Significatorie, del Patrimonio dei fiscali e degli arrendamenti, della Zecca), i banchi, 1a Giunta degli abusi, la Giunta di Sicilia e il Cappellano maggiore. Non previsto dal decreto del 1808, il versamento degli atti degli archivi giudiziari fii istituito con il regolamento del 16 1uglio 1812, che determinò la concentrazione di atti provenienti da altre importanti magistrature dell’antico regime, fra cui la Real Camera di Santa Chiara. Il regolamento stabiliva anche il versamento periodico dei registri dello stato civile, servizio istituito con i decreti del 22 e del 29 ottobre 1808.
Con il decreto del 3 gennaio 1811 l’Archivio generale fu diviso in quattro uffici:
1. Costituzione e storia dello Stato
2. Amministrazione interna e comunale
3. Finanze e demani
4. Atti giudiziari.
Fu anche costituito un organo collegiale, la Commissione generale degli archivi del regno, con l’incarico di dirigere e amministrare gli archivi del regno (il decreto istitutivo degli “archivi provinciali” fu emanato il 22 ottobre 1812). Dopo la restaurazione borbonica, una Commissione fu incaricata di elaborare un progetto di organizzazione degli archivi, cbe sarebbe stato a fondamento della Legge organica del 12 novembre 1818. Questa, ribadito il carattere pubblico dell’Istituto (“Il Grande Archivio è pubblico. Ciascuno potrà osservare 1e carte che vi si conservano e chiederne copia”), attribuì all’Istituto la nuova denominazione di Grande Archivio del Regno, e stabilì che fosse suddiviso, in corrispondenza con le cinque classi in cui erano divisi i fondi documentari che conservava, in cinque uffici, aggiungendo ai quattro precedenti un ufficio di Guerra e Marina.
La legge del 1818, rimasta in vigore fino al 1875, confermò la divisione delle scritture in cinque sezioni:
1. Diplomatica e politica
2. Amministrazione intema
3. Amministrazione finanziaria
4. Atti giudiziari
5. Guerra e Marina.
AI Grande Archivio di Napoli fu attribuita anche la direzione degli archivi delle badie benedettine di Cava dei Tirreni, Montecassino e Montevergine, che ebbero lo status di sezioni del Grande Archivio di Napoli. La stessa legge attribuì l’incarico di vigilare (“l’ispezione superiore”) sugli archivi del regno ad un Soprintendente generale. La poco funzionale duplicazione di funzioni cessò con il decreto del 16 dicembre 1826, che nominò Antonio Spinelli Soprintendente generale e riunì a questa carica quella di Direttore del Grande Archivio. La legge organica del 12 novembre 1818 restò in vigore fino alla riorganizzazione dell’intero settore archivistico attuata dopo l’unità italiana nel 1874 e nel 1875. Con il Regolamento del 26 ottobre 1841 fu stabilito il criterio della periodicità quinquennale dei versamenti dei documenti degli uffici dello Stato al Grande Archivio. All’insufficienza dei locali e il cattivo stato di conservazione delle scritture in Castel Capuano si provò a rimediare con il rescritto del 25 apr. 1835, che destinò a sede del Grande Archivio l’edificio del soppresso monastero dei SS. Severino e Sossio al Pendino. Compiuti gli opportuni adattamenti, le scritture vi furono sistemate e, nel 1845, in occasione del congresso nazionale degli scienziati italiani, la nuova sede fu solememente inaugurata. Nel 1885 l’amministrazione militare cedette all’Archivio di Stato di Napoli l’archivio militare di Pizzofalcone, con il relativo edificio, già sede dell’ufficio topografico.
A partire dal 1848 l’amministrazione degli archivi passò più volte dal Ministero degli affari interni a quella del Ministero della pubblica istruzione. Con decreto del 16 aprile di quell’anno infatti, gli archivi, considerati “come stabilimenti letterari”, furono attribuiti al Ministero della pubblica istruzione. Già il 6 giugno 1848 furono però restituiti al Ministero degli affari interni. La stessa alternanza si verificò fra il decreto del 7 settembre 1848 e quello del 18 agosto 1849. Infine il Luogotenente delle province napoletane, con decreto del 23 febbraio 1861, trasferì nuovamente l’amministrazione degli archivi al Dicastero della pubblica istruzione. Nell’ambito dell’ordinamento italiano, che, a seguito del parere (non unanime) di una commissione di esperti, attribuì tutti gli archivi di Stato all’Amministrazione dell’interno (r.d. 5 marzo 1874, n. 1852), l’Istituto assunse la denominazione definitiva di Archivio di Stato di Napoli, che conserva ancora oggi. Le nuove funzioni degli istituti archivistici furono stabilite con il r.d. 27 maggio l875, n. 2552. Da allora l’Archivio di Stato di Napoli ebbe il compito, comune agli altri analoghi istituti che avevano sede nelle città già capitali, di conservare gli archivi delle magistrature centrali degli stati preunitari di cui Napoli era stata il, centro politico, e la funzione, propria di tutti gli archivi di ambito provinciale, di ricevere la documentazione prodotta dagli uffici statali opéranti nell’ambito della provincia di Napoli. Istituite le Soprintendenze con il r.d. 26 riarzo 1874, n. 1861 (poi soppresse nel 1892), al Direttore dell’Archivio di Stato di Napoli fu attribuito anche il titolo di Soprintendente, con il compito di vigilare sul servizio archivistico nelle province dell’Italia meridionale continentale. Il medesimo decreto istituiva “Scuole di paleografia e di dottrina archivistica” negli “archivi principali”, fra cui quello di Napoli. A questo corso, che l’Istituto ancora oggi svolge ad anni alterni, fu dato un regolamento con decreto del 2 ottobre 1911, n.1163, tuttora in vigore.
Gravissimi furono i danni subiti dal patrimonio documentario conservato dall’Archivio di Stato di Napoli durante la seconda guerra mondiale, dovuti ai bombardamenti, ma soprattutto all’incendio della villa Montesano in San Paolo Belsito, presso Nola, in cui erano stati riposti i documenti che Riccardo Filangieri, allora direttore, aveva considerato più preziosi. In quella circostanza andarono perduti interi archivi e importanti nuclei documentari di diversi fondi. Fra le perdite più gravi, i registri della Cancelleria angioina e della Cancelleria aragonese. Dopo la guerra fu intrapreso un paziente lavoro di ricostruzione del contenuto dei documenti angioini, che a tutt’oggi ammontano a oltre 40 volumi, pubblicati a cura dell’Accademia Pontaniana di Napoli. Gli archivisti, fra i quali Jole Mazzoleni, che in seguito diresse l’Istituto, si adoperarono con grande impegno e spirito di sacrificio a rilevare le perdite e a censire e a ricomporre il comunque ricco patrimonio archivistico rimasto. Nel 1975, con legge del 29 gemaio, n. 5 (che convertiva il precedente decreto 14 dicembre, n. 657), gli Archivi di Stato furono posti alle dipendenze del Ministero per i beni culturali e ambientali, trasfomato nel 1998 in Ministero per i beni e le attività culturali (d.lgs. 20 ottobre, n. 368). Nel 1996 sono state definitivamente soppresse le sezioni in cui l’Istituto ancora era articolato e sostituite da un ordinamento per aree che riflette piuttosto le funzioni che l’Istituto svolge. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso, l’Istituto ha via via afffontato i problemi legati alla nomalizzazione della descrizione archivistica, oggetto di un confronto promosso dal Consiglio intemazionale degli archivi, e ai radicali cambiamenti introdotti nel lavoro d’archivio dal progresso tecnologico che, attraverso l’introduzione di principi e di schemi informatici, ha profondamente trasfomato le modalità con cui descrivere gli archivi e interagire con il pubblico.
Fra le più significative e recenti acquisizioni di materiali documentari, va segnalato il versamento, concluso nel 2018, degli archivi dei notai che hanno rogato a Napoli fino a tutto il secolo XIX.
Come gli altri analoghi istituti, l’Archivio di Stato di Napoli partecipa, attraverso commissioni istituite presso gli uffici statali presenti nella provincia, alla complessa attività di sorveglianza sui rispettivi archivi, intesa a garantime la corretta fomazione e sedimentazione.
Attraverso i corsi biennali della Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica, l’Archivio di Stato di Napoli svolge un’intensa attività di fomazione di` competenze specialistiche e di promozione della cultura degli archivi.
Codici identificativi:
- SC-00000001 (ARC-ICAR) [Identificativo di sistema]
Orari e indicazioni per l'accesso ai fondi:
Orari Sede -
Sedi
Indirizzo:
ITA
Complessi archivistici
- Centro di emigrazione di Napoli (1949 - 1961)
Link risorsa: https://archivista-icar.cultura.gov.it/custodians/368