Episcopato di Caorle

L’origine dell’episcopato di Caorle è questione tuttora dibattuta. Secondo il Cronichon Gradense (metà XI secolo) la diocesi sarebbe stata istituita dal patriarca di Aquileia Elia nella sinodo tenuta a Grado nel 579; a dire del coevo Giovanni diacono, invece, l’episcopato sarebbe sorto, in seguito all’invasione longobarda (568-569), per traslazione del titolo di Concordia, trasferimento poi ratificato da papa Deusdedit tra il 615 e il 618. La moderna storiografia tende oggi, anche se non concordemente, a considerare Caorle una nuova fondazione, seppure non sia possibile attribuire con certezza una data di nascita al nuovo istituto. I più, tuttavia, ritengono di poter assegnare la fondazione dell’episcopato al ducato di Orso Particiaco (864-881) e, più precisamente, ad una riforma ecclesiastica da questi promossa che aveva visto la nascita in laguna di nuove sedi vescovili suffraganee della metropoli di Grado.
Alla genesi incerta, si aggiunge la scarsa attenzione dedicata dalla storiografia a questo piccolo episcopato, scarsamente popolato e periferico rispetto al centro del ducato (Venezia): una «diocesis fere palustris» (così la cronachistica dell’XI secolo), di cui sappiamo ben poco, se non che le difficoltà del luogo e dell’episcopio erano aumentate dopo la distruzione della città operata dai genovesi durante la guerra di Chioggia del 1379-1381. Ne abbiamo notizia dalla relazione ad limina del vescovo Domenico Minio del 1696, il quale fa esplicitamente risalire l’avvio del depauperamento – demografico e spirituale – della diocesi all’incursione genovese: «post dictam destructionem civitatis apud raros habitatores rariores erant sacerdotes». Al calo di abitanti e alla scarsità di sacerdoti – peraltro quasi tutti extradiocesani e nessuno col titolo di pievano – va inoltre aggiunto, ad ulteriore riprova delle difficoltà della diocesi, la perdurante assenza del prelato dalla sede almeno dal 1379 al 1425. Se non possediamo altri riscontri documentari a suffragare il quadro di decadenza descritto nella relazione del 1696, è peraltro accertato che i titolari della cattedra di Caorle anche successivamente avevano risieduto di preferenza a Venezia, recandosi in diocesi solo in occasione delle feste più importanti del calendario liturgico e in poche altre occasioni. Non solo i vescovi disertavano, in ragione dell’esiguità del beneficio, la piccola diocesi lagunare, ma spesso consideravano la nomina in quella sede come semplice trampolino di lancio per l’assegnazione a sedi di maggiore prestigio ed economicamente più appetibili (ovviamente con eccezioni: quali Egidio Falconetto, a metà Cinquecento, Pietro Martire Rusca, vescovo dal 1656 al 1674, o Francesco Trevisan Suarez, in carica dal 1738 al 1769).
La diocesi, davvero minuta, si estendeva sulla sola Caorle e una ridotta zona foranea presso la vecchia foce della Livenza; aveva la sua sede nello splendido duomo romanico dedicato a Santo Stefano, eretto con molta probabilità nel 1038.
L’ultimo vescovo a governare la diocesi di Caorle era stato Guido Giuseppe Maria Peruzzi, dal 1796 al 1807. In veste di prelato aveva seguito tutti gli avvenimenti che avevano sconvolto e provocato la caduta della Repubblica di San Marco nel 1797. Dopo il trasferimento del Peruzzi a Chioggia, nel 1807, la diocesi era stata affidata, sino alla sua definitiva soppressione, ad un vicario capitolare: in rapida successione Angelo Beolini, seguito da Domenico Della Colletta e successivamente, nel 1815, da Giannantonio Mantovani. Infine, con bolla emanata da papa Pio VII il 1° maggio 1818, la De salute dominici gregis, la diocesi di Caorle era stata canonicamente soppressa e inglobata in quella di Venezia. Le motivazioni riportate dalla bolla a giustificazione della soppressione confermano il quadro di decadenza e difficoltà in cui si era dibattuta da secoli la diocesi: la non residenza dei prelati, che preferivano dirigere la diocesi da Venezia (secondo il documento per ragioni climatiche); la rarità di sacerdoti; l’indigenza del capitolo cattedrale, incapace di sostentarsi con le proprie insufficienti risorse e una piccola pensione assegnata ai canonici dall’allora governo austriaco; l’inadeguato decoro delle funzioni sacre; non ultimo, la scarsità di abitanti (circa 1200).

Bibliografia
A. NIERO, La sistemazione ecclesiastica del ducato di Venezia, in Le origini della chiesa di Venezia, a cura di F. TONON, Venezia 1987, pp. 101-121.
S. TRAMONTIN, Caorle e Torcello: da diocesi a parrocchie, in La chiesa di Venezia nel Settecento, a cura di B. BERTOLI, Venezia 1993, pp. 187-220.
D. RANDO, Una chiesa di frontiera. Le istituzioni ecclesiastiche veneziane nei secoli VI-XII, Bologna 1994, pp. 13-38.

Compilatori

  • Prima redazione: Ermanno Orlando - Data intervento: 31 dicembre 2007
  • Revisione: Annamaria Pozzan - Data intervento: 17 marzo 2019