Archivio di Stato di Verona

Condizione giuridica: pubblico

Macrotipologia: Stato

Cenni storico istituzionali:

L’Archivio di Stato di Verona, dal marzo 2015, si è trasferito nella nuova sede di proprietà di Fondazione Cariverona ubicata all’interno dell’area degli Ex Magazzini Generali di Verona che interessa una porzione urbana di 10 ettari così come definita da Programma di Riqualificazione Urbana (PRUSST). L’edificio è sottoposto a vincoli emessi dal Mibact ed è stato oggetto di un intervento di restauro conservativo. Il fabbricato principale che si eleva su 2 livelli, piano terra e primo piano, oltre a quelli ai piani ammezzati e interrati Nord e Sud, è costituito da complesso di depositi archivistici di ultima generazione disposto due 2 livelli fuori terra composto da n.24 depositi di armadi compattabili di cui 8 a piano terra nord, 9 a piano terra sud e 7 a piano primo nord con zone adiacenti dedicate a uffici e sala consultazione oltre a spazi destinati a funzioni tecniche, tutti serviti da UTA (unità di trattamento aria) tecnologicamente avanzate.
Ogni deposito è compartimentato REI oltre ad essere dotato di porte tagliafuoco di sicurezza. All’interno è presente un sistema di armadi mobili scorrevoli su binario con movimentazione a leva (volano) che permette l’archiviazione totale di circa 50.000 ml di documentazione.
L’accesso agli utenti esterni è limitato alla zona visitatori senza la possibilità di coabitazione con gli archivi e le aree “sensibili”.
Il progetto degli impianti, elaborato con cura e particolare attenzione, ha rispettato i requisiti di: assenza di fluidi nei locali di deposito, protezione dal fuoco con spegnimento a gas azoto, controllo microclimatico degli ambienti, efficienza energetica dei sistemi, autonomia impiantistica per ogni deposito. L’asta tecnologica centrale, dall’interrato alla copertura, così come concepita per la compartimentazione impianti/servizi interni, costituisce pure il tema dominante della progettazione strutturale, contribuendo, con tecnologia costruttiva assai compatibile con la struttura storica, in maniera efficace al raggiungimento di un buon livello di miglioramento antisismico.
Gli uffici operativi/direzionali e le aree tecniche sono adeguatamente dimensionati secondo la normativa vigente in materia di mq minimi e risultano idonei allo svolgimento delle attività previste ed in linea con le normative e le prescrizioni vigenti.
Quando fu costruito nel 1926 l’edificio era denominato Magazzino 1, detto anche ‘del Grano’, in quanto costituiva uno dei centri di smistamento di derrate alimentari più importante d’Europa al cui piano banchina trovavano posto undici celle frigorifere di varie dimensioni e la sala dedicata ai macchinari, costruiti dalla ditta Gaetano Barbieri & di Bologna e composti da due gruppi motore asincrono con ognuno un compressore da 35 cavalli; limitrofa a questo locale vi era la cabina di trasformazione elettrica. Le celle erano affiancate da due lunghe gallerie nelle quali accedevano i vagoni ferroviari per le operazioni di carico e scarico. Il piano superiore, con ingresso tramite piani caricatori elettrici, era assegnato ai depositi delle merci nazionali e doganali.
Al primo nucleo, denominato 1Ache occupava una superficie di 1.400 metri quadri, ne venne aggiunto un secondo, 1B, nei primi anni ’30 e un terzo , 1C, verso lo stesso decennio.

Contatti:

  • Telefono: 045594580
  • Fax: 0458041453
  • Email: as-vr@beniculturali.it
  • Sito web: http://www.archiviodistatoverona.beniculturali.it/

Patrimonio:

La migliore descrizione del patrimonio veronese resta ancora affidata alla bella guida che a quattro mani curarono i due direttori dell’Archivio Giulio Sancassani (1941-1973) e Laura Castellazzi (1973-1992), i quali raccolsero i dati che sono confluiti nel terzo volume della Guida generale degli Archivi di Stato pubblicato nel 1994. Vi sono descritti tutti i fondi acquisiti fino al 1978. Sancassani aveva già curato un’opera monografica sull’Archivio di Stato di Verona, pubblicata nel 1960, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede nel settembre dello stesso anno. Il presente lavoro tiene conto di questi due importanti precedenti, che risultano ancora molto utili per le ricerche sul periodo medioevale-moderno poiché gli incrementi successivi al 1978, ad esclusione dell’archivio privato Giusti del Giardino, acquisito negli anni Novanta, riguardano fondi riferiti per la maggior parte al periodo post-unitario e, solo in qualche caso, alla prima metà dell’Ottocento. Una descrizione completa di tutti i fondi, aggiornata al 2008, è disponibile in rete già da alcuni anni.
La sintesi qui presente ha un taglio storico-istituzionale in quanto privilegia le informazioni relative alle magistrature, uffici e altri soggetti produttori di archivi e non vuole essere esaustiva perché si mira a individuare, nella amplissima letteratura anche recente, gli studi di storia del diritto contenenti le linee guida indispensabili per l’esplorazione degli archivi. Negli archivi infatti si cercano non le materie, ma le istituzioni; occorre cioè conoscere qual era nei vari momenti l’ufficio competente a trattare l’argomento che interessa e quali procedure usava, vale a dire come produceva ed organizzava i propri documenti. A fronte dell’amplissima panoramica dei fondi presenti nell’Archivio, si è dovuto necessariamente operare delle scelte soffermandosi su quelli che si ritiene possano essere i fondi più importanti per la conoscenza del posseduto.
Antico regimi. Con i suoi sette grandi nuclei documentari, la sezione «Antichi archivi veronesi» rappresenta la parte più cospicua tra le fonti prodotte dalle magistrature di antico regime. L’Antico archivio del Comune ne costituisce il nucleo principale. Non sono purtroppo a noi pervenute, perché irrimediabilmente perse, le serie riferentisi al periodo comunale e scaligero.
Degli atti più antichi, oltre alle sessantaquattro pergamene relative al periodo 1213-1404, si conservano gli statuti, in sei volumi, dal 1328 al 1450: statuti del Comune del periodo di Cangrande della Scala (1328); statuti del capitanato di Montorio (1380); estratti di statuti del Comune dal 1376 al 1394; estratti degli statuti cittadini di Giangaleazzo Visconti (1393); statuti della Casa dei mercanti (fine sec xv); libro IV degli statuti del Comune (1450) i quali rappresentano l’ultima redazione statutaria curata sotto la dominazione veneziana e rimasta in vigore fino al 1797.
La perdita dell’archivio comunale per i secoli XII-XIV è solo molto parzialmente compensata dai documenti conservati negli archivi di comuni che ebbero rapporti politici e commerciali con Verona e dalle trascrizioni e dai regesti di documenti dell’Archivio di Stato di Venezia che interessano Verona dall’859 al 1797, effettuati da Cesare Foucard attorno alla metà dell’Ottocento. La documentazione del Comune assume una sua consistenza organica solo a partire dal 1405, con l’inizio della dominazione veneziana che si protrasse per quattro secoli, fino alla caduta della Repubblica nel 1797.
La consistenza globale dell’Antico archivio del Comune è di 1.042 pezzi tra buste, registri e volumi dal 1328 al 1805; i documenti pergamenacei sono 315 e coprono un arco cronologico tra il 1213 e il 1769. L’ordinamento dell’archivio, curato dopo la seconda guerra mondiale, si basa su quello impostato nel 1860 da Foucard. Esso è costituito da tre serie principali: Pergamene, Atti e Processi.
Le Pergamene costituiscono una raccolta molto frammentaria che copre un arco cronologico compreso tra il 1213 e il 1797: il documento più antico risale al 10 gennaio 1213. Tra la documentazione del periodo scaligero (39 pergg,) è presente un diploma di Cangrande della Scala, 11 agosto luglio 1351 e la ‘bolla d’oro’ del 16 luglio 1405, con la quale il doge Michele Steno fa alcune concessioni alla città di Verona dopo la dedizione alla Repubblica di Venezia.
La serie Atti è costituita da 699 unità tra volumi e filze che offrono un quadro sufficiente dell’organizzazione ammnistrativa del Comune fino al 1797. Emergono per la loro integrità e continuità i registri degli Atti dei consigli del Comune dal 1405 al 1797 e dei decreti e i volumi delle istruzioni in materia amministrativa e giudiziaria emanate dalla Repubblica di Venezia e inviati ai rettori di Verona, ovvero le Lettere ducali dal 1419 al 1768; vanno anche segnalati i volumi delle Lettere dei provveditori del Comune, responsabili della cassa comunale, e quelli delle lettere ad essi indirizzate dal 1406 al 1797, nonché i Proclami a stampa e manoscritti, 1575-1797.
La serie Processi comprende circa 3.500 fascicoli (sec. XV-XVIII), contenenti gli atti processuali e la documentazione allegata nell’interesse del Comune davanti agli organi veneti giudiziari o di tutela, che vertono sulle materie più varie: acque, strade, commercio, patrimonio comunale, cariche, uffici, affari militari, scuole, tasse, dazi, estimo, giustizia e clero.
Tra gli altri nuclei documentari afferenti agli «Antichi archivi veronesi» meritano un cenno particolare i seguenti fondi: Ufficio del registro, Rettori veneti e Camera fiscale.
Istituito a Verona nel 1407, l’Ufficio del registro aveva il duplice scopo di dare maggior certezza al diritto e costituire – gli atti registrati godendo la fede pubblica in giudizio e fuori – un pubblico archivio al servizio dei cittadini per l’estrazione di copie che supplisse a quello non sempre soddisfacente espletato fino allora dai notai collegiati.
Per tutto il Quattrocento l’Ufficio raccolse un’imponente massa di istrumenti (venditiones, emptiones, locationes, permutationes, ecc.), ma, nel 1500, fu creato a Verona il Pubblico archivio dei notai defunti, nel palazzo del Comune, per raccogliervi e conservare nel pubblico interesse i protocolli dei notai defunti o cessati dall’esercizio senza eredi notai, la cui funzione precipua era il rilascio delle copie degli atti. Pertanto si determinò una progressiva rarefazione della registrazione integrale dei contratti, dipendente anche da guerre, pestilenze e altri eventi, che cessò definitivamente nel 1629. L’Ufficio tuttavia continuò ad esistere con la funzione di registrazione dei soli dati estremi dell’atto per fini fiscali (riscossione del dazio sugli istrumenti) fino alla caduta del dominio veneto in Verona nel 1797. Si conservano 224 registri prgamencei dei contratti notarili della città e del distretto di Verona dal 1408 al 1629.
L’Ufficio del registro provvedeva anche alla custodia delle copie autentiche cartacee dei testamenti che venivano consegnati a mano dai notai che li avevano rogati. Questo uso continuò fino al 1731 e, saltuariamente, fino al 1752. Sono a noi pervenuti 115.830 testamenti riferiti al periodo 1408-1752, contenuti in 387 mazzi ordinati cronologicamente. Essi rappresentano, insieme ai contratti, una risorsa documentaria molto importante vista la distruzione di tutto l’archivio dei notai defunti a causa di un incendio scoppiato il 1° settembre 1723 nel palazzo comunale dove era conservato.
Nei quattro secoli di dominazione, Venezia mandò regolarmente suoi rappresentanti a Verona: un podestà con funzioni politico-amministrative e giudiziarie ed un capitano con competenze fiscali e militari e di controllo sul territorio. Si perpetuava in tal modo l’antica tradizione che voleva la massima carica cittadina non cittadina, come pure tutti i suoi collaboratori.
Le competenze dei due rettori, podestà e capitano, discendevano da una «commissione» («Libro delle commissioni») rilasciata dalla Serenissima in cui erano elencate e commentate una serie di norme e disposizioni affidabili separatamente ai governatori provinciali a seconda che svolgessero funzioni di natura pretoria o prefettizia.
Il podestà aveva generalmente competenza nel campo politico e giudiziario afferente alla sfera pretoria. Oltre all’amministrazione della giustizia, rientrava nelle sue prerogative tutta la vasta gamma dell’attività di governo: le stratificazioni e i rapporti sociali, la quiete pubblica, lo status, la cultura, le attività e i redditi dei cittadini, le strade, il controllo delle amministrazioni pubbliche, spedalità, sanità e una certa ingerenza negli affari religiosi ed ecclesiastici. Poteva essere sostituito durante la sua assenza per malattia o per altra causa dal capitano, a sua volta da lui sostituito in situazioni analoghe
Il capitano attendeva invece di solito alla materia economico-militare rientrante nella sfera prefettizia. Afferendo al pretore (podestà) le arti e i commerci, la competenza economica comprendeva essenzialmente la soprintendenza o la gestione della Camera fiscale ove affluiva il gettito d’imposta.
Entrambi sovrintendevano all’amministrazione della giustizia civile nelle materie di competenza: i tribunali che giudicavano in prima e seconda istanza erano infatti il pretorio (o del podestà), il prefettizio (o del capitano) e il rettoriale (del podestà e del capitano congiuntamente).
La giurisdizione criminale era esercitata dal podestà o dal capitano in sua vece o da entrambi; tuttavia qualsiasi delitto commesso di notte era di esclusiva competenza del podestà. Erano affiancati da quattro assessori e da una curia di otto cittadini, eletti dal Consiglio riunito dei Dodici e dei Cinquanta con il compito di istruire le cause penali – prerogativa della «consolaria» o «consolato». La magistratura era denominata il Maleficio.
Il fondo subì gravi danni a causa degli incendi scoppiati nelle sale giudiziarie del palazzo del Comune nel 1541 e nel 1581. Ė corredato di un inventario manoscritto compilato nel 1882, anno in cui fu depositato negli «Antichi archivi veronesi», consegnatario Carlo Cipolla.
Vi si conservano in prevalenza atti di natura giudiziaria in quanto riflettenti l’attività delle cancellerie dei due rettori; non mancano tuttavia, soprattutto nella cancelleria pretoria, atti pertinenti alle attività di governo dei rettori e ai loro rapporti con l’autorità centrale a Venezia. Si conservano circa 5.482 tra mazzi e volumi per il periodo 1419-1807, suddivisi tra la cancelleria pretoria (Atti dei Rettori e governi successivi,1419-1802); cancelleria prefettizia (Processi e cause civili, sec. XVI –XVIII); giurisdizione criminale (Maleficio,1517 -1677) e gli uffici civili nel Palazzo della ragione e fuori (1464-1807).
La Camera fiscale di Verona, che gestiva le entrate e le spese della Repubblica di Venezia, (corrispondente alla ‘fattoria’ del periodo scaligero), era retta da due camerlenghi, patrizi veneziani eletti nel Maggior consiglio, che rispondevano del loro operato soprattutto al rettore-capitano, che deteneva il controllo oltre che nel campo militare, come già detto, anche in materia fiscale e quindi sulla finanza pubblica.
Era amministrata anche da un avvocato fiscale, un procuratore e altro personale d’ordine. L’avvocato assolveva inoltre la funzione di giudice nelle cause civili fra gli abitanti delle comunità soggette alla Camera fiscale; in seconda istanza esaminava gli appelli contro le sentenze di alcuni vicariati, che esercitavano la giurisdizione di prima istanza nel territorio. Gli eventuali appelli erano rimessi alla giurisdizione esercitata congiuntamente dal podestà e dal capitano (tribunale rettoriale) e in ultima istanza era ammesso il ricorso al tribunale prefettizio presieduto dal capitano o alla Serenissima. In Camera confluiva il denaro rastrellato attraverso i numerosi dazi attivati nel tempo da Venezia, ma anche quello raccolto con l’imposizione diretta e perciò con imposte che all’epoca con un termine generico si chiamavano ‘gravezze’.
Il fondo , pur avendo subito danni gravissimi a seguito dell’occupazione francese nel 1797, è ancora oggi costituito da una mole di documenti non trascurabile per quantità e qualità: 265 tra buste, registri e volumi in un arco cronologico compreso tra il 1405 e il 1804 e un migliaio di documenti pergamenacei in massima parte ducali venete, che contengono ordini in materia feudale, autorizzazioni a spese con la pubblica cassa e disposizioni nelle materie di competenza della Camera fiscale per il periodo 1413-1793. Vanno anche segnalati diciotto volumi di lettere ducali dal 1406 al 1750.
Il quadro delle fonti riferite al periodo dell’Antico regime include, come vedremo, anche parecchie migliaia di pergamene e altri documenti conservati soprattutto nei fondi delle corporazioni religiose, delle istituzioni assistenziali e negli archivi privati di nobili famiglie veronesi.
Periodo napoleonico. Il quadro delle fonti statali del periodo napoleonico non è esente da lacune, talora gravi come nel caso dell’archivio della Viceprefettura di Verona, poi Prefettura del Dipartimento dell’Adige (1805-1814) – archivio accorpato al più vasto fondo della Delegazione provinciale austriaca del periodo successivo. Le dispersioni sono imputabili anche alle note vicende storiche che alla caduta della Repubblica di Venezia videro l’avvicendarsi delle truppe francesi e austriache per il dominio sulla città e la compresenza dei due governi stranieri dal 1801 al 1805. Tuttavia è rimasta una traccia non marginale dell’ordinamento dell’epoca francese.
Sono infatti a noi pervenuti il Governo centrale, veronese, colognese e legnaghese, la Commissione dipartimentale del censo – fondo confluito nell’Ufficio provinciale del censo, poi Archivio degli estimi provvisori -, la Direzione del demanio e diritti uniti e la Corte di giustizia civile e criminale. Risulta inoltre documentata l’attività delle Giudicature di pace (Cologna, Isola della Scala e, soprattutto, Legnago), del Tribunale del commercio, della Corte speciale e del Tribunale di appello provinciale di Verona.
Va rilevata l’importanza che assume per le esigenze di ricerca di storici e ricercatori di discipline sociali, ma anche di genealogisti, cittadini italiani residenti all’estero o discendenti di cittadini italiani, la conservazione degli Atti dello Stato civile napoleonico: 917 registri e 131 buste dal 1803 al 1815.
Restaurazione. Anche la documentazione prodotta dalle magistrature nel periodo della seconda dominazione austriaca non è esente da lacune o perché danneggiata dagli eventi bellici del 1940-1945, come nel caso della Congregazione provinciale, o perché non pervenuta del tutto come nel caso degli uffici finanziari (Direzione provinciale del demanio e Intendenza provinciale di finanza), o perché conservata in altri Archivi di Stato. Infatti le carte degli organi del governo austriaco istituiti dopo i fatti del 1848-1849, come per es. il commissario imperiale plenipotenziario per le province lombardo-veneto, il governatore generale civile e militare del Regno lombardo-veneto, già trasferiti da Verona in periodo austriaco a Milano e Venezia, furono successivamente ripartite tra gli Archivi di Stato di quelle città.
Tra i fondi custoditi in loco, rilevanti per integrità e consistenza, si distinguono quelli della Delegazione provinciale, subentrata alla Prefettura del periodo napoleonico – che ha una consistenza di oltre 1.500 tra buste, volumi e registri -, dell’Ufficio provinciale del censo, poi Archivio degli estimi provvisori , e del Catasto terreni e fabbricati, attivato nel 1849. Si conserva anche documentazione dell’Ufficio provinciale delle pubbliche costruzioni.
Per quanto riguarda gli archivi delle Preture istituite nel 1818 e del Tribunale di prima istanza civile, criminale e mercantile, che dopo il 1813 aveva sostituito la Corte di giustizia napoleonica, la descrizione presente nella Guida generale dove tali fondi risultano lacunosi o frammentari, può ritenersi largamente superata dal recente versamento della documentazione ottocentesca da parte del Tribunale di Verona.
Periodo unitario. Nel panorama degli archivi unitari che si riferiscono agli organi e uffici periferici dello Stato introdotti a Verona dopo l’unione al Regno d’Italia, occupano un ruolo di primo piano i fondi Prefettura e Questura indispensabili punti di riferimento per le ricerche di storia contemporanea. Il fondo Prefettura-Gabinetto relativamente al Ventennio e all’immediato dopoguerra che, secondo il dato riportato nella Guida generale, atteneva quasi esclusivamente agli atti dell’amministrazione dei beni ebraici 1942-1945, è stato notevolmente implementato con le recenti acquisizioni inerenti alle diverse competenze dell’ufficio di Gabinetto. Inoltre sono state acquisite dalla Prefettura le categorie di Gabinetto riferite al periodo successivo, ben oltre il limite dell’ultimo quarantennio, termine fissato dal Codice dei beni culturali e del paesaggio per il versamento da parte delle amministrazioni statali di tutti i documenti relativi agli affari esauriti.
Del fondo Questura-Gabinetto, fino al 2003, erano conservati in Archivio solo i fascicoli personali del casellario politico locale (Cat. A/8, Persone pericolose per la sicurezza dello Stato) relativi agli antifascisti e agli ebrei. Con i versamenti successivi, sono stati acquisiti i documenti relativi alle altre categorie riferite soprattutto al dopoguerra, con antecedenti dal 1940, ed estendentisi fino all’ultimo quarantennio escluso.
Un nucleo documentario di un certo rilievo per le ricerche del settore è rappresentato dal Provveditorato agli studi unitamente alle 16 buste e ai 450 registri dell’Ispettorato scolastico del primo circolo in esso confluiti.
Archivi militari. Molto consultati per le ricerche anagrafiche da parte di nostri connazionali all’estero, gli Esiti di leva e i Ruoli matricolari costituiscono due serie continue, a partire l’una dal 1900, l’altra dal 1862 periodicamente aggiornate tramite il versamento da parte del Distretto militare di Verona, trascorsi i settant’anni dopo l’anno di nascita della classe cui si riferiscono.
La serie dei ruoli matricolari dei soldati veronesi prodotti dal Distretto Militare di Verona consta di registri relativi alle classi di leva 1862-1950.
I registri dei ruoli matricolari del Distretto Militare di Verona sono corredati da rubriche alfabetiche che costituiscono lo strumento fondamentale per effettuare in Archivio le ricerche. Essi sono versati all’Archivio di Stato di Verona allo scadere del settantesimo anno dall’immatricolazione.
Sono consultabili nel rispetto delle norme a tutela della riservatezza dei dati personali.
Nei registri annuali dei Ruoli matricolari vengono inseriti esclusivamente gli arruolati, cioè coloro che hanno effettivamente prestato il servizio militare. Quindi non figurano:

  • i riformati (giudicati inabili al servizio per motivi di salute);
  • gli esentati (comunemente per motivi famigliari);
  • i renitenti (coloro che non si sono presentati alla visita di leva o alla chiamata per l’arruolamento).
    Più complete informazioni rispetto ai Ruoli matricolari, che ne costituiscono la sintesi, sono reperibili nei Fascicoli matricolari dei militari, ugualmente prodotti dal Distretto e periodicamente versati all’Archivio (l’Archivio di Stato di Verona conserva i fascicoli matricolari per le classi di nascita 1914 – 1945 ).
    Essi sono articolati in due sezioni: truppa e sottufficiali e contengono la documentazione ufficiale riguardante il singolo militare e di recente anche della sezione ufficiali in fase di riordino.
    Oltre ai Ruoli matricolari esistono le Liste di leva militare.
    L’Archivio conserva le Liste di leva, compilate ogni anno su base anagrafica dai Comuni in doppio originale, dalle classe di nascita del 1900 in poi, esse contengono:
  • l’elenco alfabetico di tutta la popolazione maschile residente, in età passibile di visita per leva militare (tra il diciassettesimo e il ventesimo anno di età, secondo le modalità previste dalla legge).
    Una copia rimaneva presso il Comune ed una veniva inviata all’Ufficio di leva esistente nel capoluogo di provincia o di circondario per le ulteriori operazioni di selezione e di arruolamento.
    Nel corso di tali operazioni venivano prodotte:
  • liste di estrazione (elenchi per ordine casuale degli stessi coscritti, ma su base mandamentale);
  • registri sommari delle decisioni del Consiglio di leva, relative alla sorte di ogni singolo coscritto.
    I registri delle Liste di leva e delle Liste di estrazione vengono consegnati all’Archivio trascorsi 70 anni dall’anno della leva.
    Per ogni soldato il Ruolo matricolare riporta:
  • numero di matricola;
  • corpo/reparti;
  • data di arruolamento/data di congedo;
  • gradi/eventuali promozioni;
  • eventuali onorificenze, o sanzioni comminate, o diserzioni.
    I fogli matricolari, che riportano in maniera sintetica tutte queste informazioni, sono rilegati per ordine di matricola in registri relativi alle varie classi.
    L’Archivio conserva, altresì, una cospicua documentazione relativa alla Prima guerra mondiale e all’immediato dopoguerra, raccolta in 81 buste, dal 1915 al 1920, e appartenente al Fondo Prefettura. La documentazione non è inventariata, ma descritta in modo sommario su schede che descrivono genericamente il contenuto delle singole buste. All’interno i documenti sono raccolti in fascicoli assemblati alla meglio, per la maggior parte privi di camicie idonee. Molta documentazione, soprattutto i manifesti e estratti di giornali d’epoca, versa in condizioni di precaria conservazione con rischio di dispersione di parti stesse del documento. Come si specificherà al punto successivo si rendono necessarie una serie di operazioni al fine di garantire la corretta conservazione del materiale.
    Le buste del Fondo Prefettura contengono documenti relativi agli anni della guerra inerenti a diversi aspetti di interesse locale e provinciale. Vi sono custodite numerose lettere che attestano la corrispondenza tra le autorità militari e la Prefettura, in modo particolare sulle misure che dovevano regolare la vita civile in tempo di guerra: gli orari del coprifuoco, le prescrizioni in caso di attacco aereo, oltre ad alcune relazioni su episodi della vita cittadina, alcune delle quali qui riprodotte. Vi sono inoltre i fascicoli attestanti i risultati della commissione per la difesa antiaerea nelle scuole e negli edifici, e numerose lettere comprovanti la nascita dei comitati di assistenza ai civili e alle vittime di guerra, sia in ambito cittadino che provinciale. Buona parte del fondo riguarda l’operato della censura, che per l’abbondanza di materiale conservato, potrebbe costituire da solo un argomento suscettibile di ulteriori approfondimenti e ricerche. Completano il quadro le circolari ministeriali, i manifesti del Comando militare della Fortezza di Verona, le relazioni sugli approvvigionamenti di vestiario e derrate alimentari, oltre a molti carteggi inerenti al Prestito Nazionale di Guerra”.
    La documentazione si presenta divisa, nella maggior parte, per anno e ciò rende possibile pur in assenza di specifici strumenti inventariali di seguire l’evolversi delle vicende collegate al conflitto. Dall’analisi e dal riordinamento delle prime 8 buste è emerso un fattore molto importante: l’integrità e la completezza delle fonti nello scambio di corrispondenza tra il comando della fortezza di Verona, il prefetto, il questore, il comando dei carabinieri, i sindaci della provincia nonché i dispacci del M.I. e della Guerra trasmessi per la maggior parte con telegrammi che consentono di articolare la storia di quegli anni dal dibattito tra interventisti e neutralisti all’unanime volontà di partecipare al conflitto, il primo anno di guerra con la strage di piazza Erbe del 14 novembre 1915, il secondo anno di guerra con il problema della difesa antiaerea, la propaganda e le emergenze, il 1917 con la sconfitta di Caporetto e l’impatto sulla città, le ultime fasi del conflitto nel 1918 e l’immediato dopoguerra.
    Si conservano inoltre gli archivi delle Preture, dei Tribunali di Verona e Legnago con le rispettive Procure, della Corte d’assise, ampiamente integrati con i recenti versamenti e del Tribunale militare danneggiato dagli eventi bellici del 1940-1945.
    Oltre agli archivi sopra accennati, sono presenti nell’Archivio di Stato di Verona, come in altri istituti archivistici, un complesso di fondi e/o serie statali e di provenienza non statale, questi ultimi acquisiti a titolo di deposito, dono o acquisto: essi vanno ad integrare le testimonianze sulla storia di Verona e del suo territorio, utili anche per altre finalità di ricerca. Si può dire che tali fonti rappresentano, nella loro varietà, forse la parte più ricca e talora con insospettabili risultati per le ricerche di qualunque genere.
    Innanzitutto la documentazione ottocentesca relativa al Comune di Verona o archivio del Comune moderno, con le importanti serie degli Atti della municipalità (1797-1814), Amministrazione comunale (1800-1900) che contiene anche documentazione relative alla serie Ornato (1801-1867), alle quali si affiancano quelle concernenti le materie di competenza: Economia, Finanza, Militare e Polizia (1800-1869), nonché i 251 registri di Nati, morti e matrimoni (1801-1871) e i 46 registri del Ruolo di popolazione dal 1836 al 1855.
    In secondo luogo gli archivi notarili.Si è già fatto cenno alla perdita di quasi tutto il Pubblico archivio dei notai defunti a causa dell’incendio del 1723. Istituito agli inizi del Cinquecento, su iniziativa del Collegio dei notai, per custodire ai fini della certezza del diritto i protocolli dei notai defunti senza eredi che ne continuassero la professione, esso aveva nel corso di due secoli raccolto un’ingente quantità di atti risalenti al XIII-XIV secolo. L’Archivio, nel 1806, assunse la denominazione di Archivio generale del dipartimento dell’Adige, poi, dal 1875, quella definitiva di Archivio notarile distrettuale.
    Il fondo si presenta attualmente articolato in tre distinte serie: Collegio dei notai, che comprende 220 unità tra buste e registri dal 1267 al 1806, con documenti in copia dal 1220; la parte residuale dell’Archivio dei notai defunti scampata all’incendio del 1723 – che contiene 391 mazzi (1347-sec. XVIII) – e quella costituente gli Atti notarili del distretto di Verona che consta di circa 12.500 tra buste e volumi che coprono un arco temporale dal 1416 al 1900, ma le date non devono trarre in inganno: la quantità di atti riferita al periodo anteriore all’incendio è veramente scarsa. Quest’ultima serie è corredata di 217 volumi di indici delle parti contraenti dal 1644 al 1900.
    Vanno segnalati per la loro importanza e antichità gli archivi degli ospedali e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, nonché di enti religiosi i cui beni furono devoluti a fini assistenziali e concentrati nell’Ospedale civile maggiore, nell’Orfanotrofio femminile e nell’Istituto degli esposti.
    L’Ospedale civile conserva le serie minori degli ospedali e degli istituti cessati di San Bovo, Santi Cosma e Damiano, Santa Maria della Valverde e Convertite. La serie più importante è costituita dalla documentazione del più antico ospedale laico della città, cioè quello dei Santi Giacomo e Lazzaro alla Tomba la quale inizia dal 1059, includente 9.348 pergamene (aa.1106-1796), poi confluite nell’archivio dell’Istituto degli esposti, quando, agli inizi dell’Ottocento quest’ultimo ne ereditò le rendite. È collocata nel fondo la maggioranza degli atti pergamenacei (4.428, aa. 762-1747) pervenuti insieme ai beni dell’Abbazia di San Zeno, soppressa dal Governo democratico nel 1797. Dell’archivio dell’Abbazia sono confluiti nel fondo dell’Orfanotrofio femminile, già Conservatorio di San Francesco di Cittadella – purtroppo a noi non pervenuto – un centinaio di documenti pergamenacei, per la maggior parte diplomi, dall’880 al 1720, e 206 registri di amministrazione della mensa abbaziale (1213-1798).
    L’Istituto degli esposti subentrò nel 1836 alla Casa degli esposti del periodo napoleonico, la quale aveva soppiantato nel 1808 la Santa casa di pietà – risalente alla prima metà del sec. XV- quando, a seguito dell’istituzione della Congregazione di carità, la Domus pietatis aveva cessato di essere un istituto autonomo ed era divenuta un ramo della pubblica organizzazione assistenziale veronese. Tali vicende rendono ragione della presenza, nel fondo degli esposti, della documentazione delle due precedenti istituzioni.
    Gli archivi delle chiese e, soprattutto, delle corporazioni religiose e confraternite costituiscono un nucleo fondamentale del posseduto, sostitutivo in gran parte degli archivi delle magistrature del periodo comunale e dei successivi regimi signorili, molto importanti per le ricerche storiche finalizzate al restauro del patrimonio storico-artistico e, in ogni caso, rilevanti per la ricchezza delle testimonianze in essi conservate: circa 30.000 pergamene per un arco cronologico compreso tra il secolo VIII e XVIII. Tutti i fondi sono dotati di strumenti di consultazione e di regesti fino al sec. XIV.
    Per gli archivi del primo gruppo, occorre tener presente che le pergamene delle chiese di Sant’Anastasia, Santa Eufemia, San Fermo Maggiore, Santa Maria della Scala, Santa Maria in Organo e San Tommaso cantauriense, che erano sedi di ordini monastici prima della soppressione napoleonica, sono confluite nei fondi delle corporazioni religiose. Le chiese che configurano altrettanti fondi d’archivio sono complessivamente 20, di cui 18 intra moenia 2 extra moenia. Si distinguono per consistenza del materiale quelli delle chiese di Santo Stefano, Santi Apostoli, San Giovanni in Valle che insieme costituiscono oltre i due terzi del numero complessivo di documenti pergamenacei pari a circa tremila unità.
    Com’è noto, con i decreti napoleonici 8 giu. 1805 e 28 lug. 1806, furono soppresse le corporazioni religiose con conseguente incameramento dei beni mobili e immobili da parte dello Stato che investirono anche i monasteri di Verona e del territorio. Gli archivi rimasero presso gli uffici finanziari di Verona fino a quando confluirono, nel 1874, negli «Antichi archivi veronesi». Si tratta di una ingente documentazione compresa tra un arco cronologico che va dall’alto medioevo alla fine del Settecento, in massima parte pergamenacea, relativa a ordini monastici tra maschili e femminili, situati soprattutto all’interno del tessuto urbano.
    In tempi più vicini a noi, cioè nel 1964, è stato acquisito il complesso degli archivi delle altre corporazioni religiose soppresse dalla autorità pontificia e dalla Repubblica veneta nei secoli XVII-XVIII, precedentemente custoditi presso l’Archivio di Stato di Venezia. Tra questi ultimi sono a noi pervenuti una parte della documentazione pergamenacea dell’importante fondo San Zeno maggiore, gli altrettanto considerevoli nuclei di Santi Nazaro e Celso e San Giorgio maggiore o in Braida che, insieme agli archivi degli olivetani dell’abbazia di Santa Maria in Organo (3.315) degli agostiniani di Sant’Eufemia, dei minori di San Fermo Maggiore, dei serviti di Santa Maria della Scala, delle benedettine di San Michele in Campagna fuori delle mura cittadine costituiscono complessivamente oltre la metà del patrimonio pergamenaceo posseduto sugli ordini religiosi (16.087 su 24.751 unità). Nei fondi San Zeno maggiore, Santa Maria in Organo e Santi Nazaro e Celso, si trovano in special modo diplomi imperiali, regi e signorili, bolle pontificie e privilegi vescovili a partire dal sec IX.
    Con decreto 26 mag. 1807 furono dichiarate definitivamente soppresse «tutte le confraternite, congregazioni, compagnie e in genere tutte le associazioni laicali» di cui un anno prima il Demanio (r.d. 25 apr. 1806) aveva incamerato i beni. Com’è noto, le confraternite, costituite in una chiesa con formale decreto dell’autorità ecclesiastica, sono tra le più antiche espressioni dell’associazionismo laicale. Ebbero grande sviluppo tra il XIV e il XVIII secolo diffondendosi capillarmente in tutta l’Europa e assunsero nel corso dei tempi diverse finalità di culto e di beneficenza.
    I fondi conservati nell’Archivio di Stato sono in gran parte, soprattutto per quanto concerne le confraternite del territorio, molto lacunosi, anche se il numero di esse non è irrilevante: 342 compagnie laicali, di cui 63 a Verona. Solo in piccolissima parte – riferita alle confraternite cittadine –, si conserva documentazione anteriore al Concilio di Trento, prevalentemente quattrocentesca, con antecedenti del sec. XIV, con un corredo di 915 pergamene. I fondi sono provvisti di inventari redatti negli anni 1948-1949.
    Tra gli enti ecclesiastici soppressi in epoca napoleonica è la Congregazione del clero intrinseco, ossia la corporazione dei parroci della città di Verona, sorta all’inizio del XII secolo, «non solo come confraternita per il suffragio dei defunti e organismo di solidarietà, ma anche come robusto centro di potere…struttura di rappresentanza del clero urbano nell’elezione dei vescovi».
    Il fondo, corredato di otto repertori e di due inventari, inizio sec. XX e 1951, contiene una cospicua documentazione cartacea compresa tra il 1323 e il 1806, con docc. in copia dal 1046; 480 pergamene (1148-1738) tra le quali i diplomi per conferme di diritti e possessi da parte di Federico I (1177), Federico II (1220) dai pontefici Lucio III (1184), Urbano III (1186) e Innocenzo III (1202), questi ultimi quattro in copia del 1326.
    Un cenno merita infine la documentazione di provenienza privata, acquisita dall’Archivio a vario titolo, molto importante sia per il contenuto che per che per la consistenza del materiale, laddove si consideri che i componenti di alcune famiglie furono per secoli alla testa della vita pubblica cittadina: 165 archivi privati, con atti originali anteriori al 1000 e includenti oltre 31.000 pergamene. Una recente definitiva acquisizione riguarda tutto l’archivio della Fonderia Cavadini, già operante a Verona nel Settecento, donato dall’attuale proprietario Luigi Lenuzza Cavadini.
    La tutela e la valorizzazione negli ultimi anni
    In presenza di un patrimonio così importante per quantità, qualità e antichità, corredato di oltre ottantamila documenti pergamencei, le scelte di queste ultimi anni, soprattutto a partire dal 2004, sono state operate in vista di una migliore tutela e conservazione, non disgiunta da una ponderata attività di valorizzazione, quasi facce di una stessa medaglia, che hanno innescato, per così dire, una ‘circolarità virtuosa’ in cui ciascun obiettivo prendeva forza dall’altro, suscitando sinergie con altri soggetti esterni, finché si è giunti alla decisione, condivisa dalla Direzione generale, di reperire una nuova sede per l’Archivio di Stato di Verona, al fine di accogliervi tutta la documentazione ancora non a regime di tutela e garantire le migliori condizioni di sicurezza del patrimonio e di erogazione dei servizi diretti al pubblico.
    La disponibilità di una nuova sede, ampia e adeguata alle moderne tecnologie di tutela e salvaguardia del bene, ha fatto maturare l’idea di creare un polo archivistico territoriale a Verona con il Comune e la Provincia. Si è convinti infatti che una efficace organizzazione e gestione delle risorse umane ed economiche può assicurare la vitalità di un istituto di conservazione del patrimonio documentario, i cui compiti, com’è noto, abbracciano una serie di attività delicate e complesse. Il percorso dell’Archivio di Stato è la riprova che anche nel settore dei beni culturali, forse meno visibile all’esterno, qual è quello archivistico, l’impegno, la competenza, l’organizzazione di iniziative di spessore, pur in assenza di grandi risorse finanziare, possono condurre a risultati inaspettati.
    La tutela è stata esercitata innanzitutto attraverso la partecipazione alle Commissioni di sorveglianza, ma anche attraverso disposizioni diramate a tutti gli uffici statali della provincia e contatti diretti affinché fosse effettuato il versamento della documentazione anteriore all’ultimo quarantennio ora trentennio. dal 2016 a tutt’oggi il patrimonio cartaceo si è incrementato di circa 66.000 pezzi.
    La consistenza è oggi pari a circa 35.000 metri lineari. Va segnalata soprattutto l’acquisizione degli archivi giudiziari che, rispetto al posseduto tra il 1941 e il 2003 pari a 2.000 ml circa, ora, grazie ai versamenti attuati dal 2006 al 2020, è di oltre 10.000 ml quasi un terzo del patrimonio custodito. Si tratta degli atti dell’ex Pretura di Isola Della Scala (1814-1998), ex Pretura di Verona (1871-1999), Ufficio del Giudice Conciliatore di Verona (1907-1999), ex Cancelleria Commerciale; Stato Civile dei Comuni della provincia di Verona dal 1923 al 1968,
    Nel 2010 è stata recuperata l’ingente documentazione (i cosiddetti ‘fascicoli austriaci’) degli archivi delle preture e del tribunale di prima istanza riferita al periodo della seconda dominazione austriaca, venendo cosi a colmare le lacune a cui si è già accennato. È attualmente in corso il lavoro di riordino. Tra le acquisizioni del 2010, assume un particolare interesse per le fonti sulla storia contemporanea il versamento dell’archivio del Centro emigrazione di Verona.
    Nel novembre del 2015 sono pervenute n. 4 scatole di atti riservati relativi a stragi nazionali, giusta Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di declassifica, con esclusione di n.6 faldoni relativi alla Cat. A2 – Brescia, strage di Piazza della Loggia, essendo tuttora pendenti presso la Procura della repubblica del tribunale di Brescia il provvedimento inerente alla strage di Piazza della Loggia del 22 maggio 1974.
    Sono stati altresì versati dall’Archivio Distrettuale notarile di Verona ml. 40 di atti tra vivi e di ultima volontà, con repertori e indici, di numerosi notai che hanno cessato l’attività da oltre cento anni.
    Degno di nota è anche il versamento del Provveditorato Interregionale alle OO.PP. Veneto- Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia – Nucleo operativo di Verona – di circa 400 ml. di faldoni che contengono tra l’altro documentazione riguardante edifici demaniali degli anni ’50 con relative planimetrie. Fanno parte del fondo 840 scatole di lastre fotografiche che documentano interventi sull’Adige e altri corsi d’acqua nei primi anni del Novecento.
    Nel 2011-2012 è stato realizzato un intervento di restauro sugli Antichi Estimi provvisori, vasto fondo miscellaneo formato da registri contenenti gli estimi delle proprietà immobiliari private di tutti i comuni del territorio veronese, con atti dal 1423 al 1818. Il progetto è stato elaborato dal Centro fotoriproduzione, legatoria e restauro di Roma (ora assorbito dall’ICPAL, Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario) per n. 39 registri (aa.1680-1745) che erano in pessimo stato di conservazione. Risale al giugno del 2010 la messa in sicurezza della documentazione storica delle carceri di Verona, precedentemente accatasta nella dismessa sede in via del Pontiere (nel complesso cosiddetto Campone): una mole di documenti per migliaia di faldoni in fase di riordino.
    Con finalità di conservazione e di valorizzazione del patrimonio, l’Archivio di Stato ha progettato dal 2004 in poi un ampio programma di riproduzione delle fonti documentarie – attraverso l’uso delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione. Il tema al centro del progetto, denominato «La memoria di Verona», è stato lo studio del territorio realizzato in un contesto di logica evolutiva sia per quanto riguarda l’ambiente naturale ed umano sia per ciò che concerne lo sviluppo delle diverse tecniche di rilevamento del territorio stesso.
    La rilevanza del programma è stato recepito dalla Fondazione Cariverona che, in sinergia con la Direzione Generale per gli Archivi, ha consentito, nel 2004 la realizzazione del primo progetto di riproduzione digitale: il Catasto austriaco di Verona.
    Il progetto di riproduzione è stato presentato al pubblico in occasione di un convegno promosso in collaborazione con l’Accademia di agricoltura scienze e lettere di Verona in coincidenza con VII edizione della Settimana della cultura il 3 giugno 2005 nel corso della quale è stata anche allestita una mostra documentaria cartografica con l’esposizione di una serie di mappe e disegni fondamentali per la lettura del territorio e di grande rilievo anche sul piano artistico. La valenza didattica del progetto è stata sancita attraverso la stipula di una convenzione Archivio di Stato-Centro Servizi Amministrativi di Verona, avente per oggetto la diffusione della conoscenza delle fonti nelle scuole attraverso l’uso delle tecnologie digitali
    Tale momento divulgativo ha contribuito all’approvazione da parte della Fondazione Cariverona di un secondo progetto di riproduzione digitale riguardante 886 mappe e disegni di epoca veneta, sec. XVI-XVIII, con antecedenti del sec. XV, interamente sostenuto dall’ente. Il progetto è stato presentato in occasione del Salone dell’Arte del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali, Ferrara 2-5 aprile 2008.
    Un terzo progetto di riproduzione digitale riguardante i documenti pergamenacei dei fondi Santa Maria in Organo (n. 2.199, aa. 834-1536) e Sant’Eufemia (n.1081, aa. 1213-1530), è stato realizzato nel 2008 con il contributo della Fondazione Cariverona.
    In vista del trasferimento nella nuova sede di via Santa Teresa, l’Archivio di Stato ha elaborato un progetto di digitalizzazione e di pubblicazione del patrimonio custodito sostenuto dalla Fondazione Cariverona e da ARCUS s.p.a. per un importo complessivo di 500.000 euro.
    Nella scelta dei documenti da digitalizzare, il criterio guida è stato quello di privilegiare le serie archivistiche più antiche, includendovi quelle di più frequente consultazione, al fine di salvaguardarne gli originali. Sono stati pertanto inclusi nel progetto gli Atti dei Consigli del Comune dal 1405 al 1797 (83 volumi); le Lettere ducali dal 1419 al 1768 (39 volumi); i Testamenti città e territorio, dal 1408 al 1752 (32.926); Mappe e disegni relativi al periodo della dominazione veneziana dal 1405 fino alla fine del XVIII secolo (2.170) a completamento delle digitalizzazioni già effettuate (886 mappe) negli anni precedenti. La quantità di immagini acquisite è pari a 261.410.
    E’ in corso e sarà ultimato per la fine del 2021 la digitalizzazione degi ulteriori due terzi dei testamenti.
    È compresa nel progetto anche l’informatizzazione di tutti gli strumenti di accesso alla documentazione con l’ulteriore obiettivo di facilitare la ricerca per ogni periodo storico di cui si conservano le testimonianze: inventari, repertori e indici (anche di epoca antica), elenchi, che ammontano a 172 unità tra dattiloscritti e manoscritti, come pure la fornitura di strumenti software per la schedatura e la pubblicazione in rete dell’archivio digitale.
    Per la descrizione del progetto portato a termine nel 2015 si rinvia alla sezione DAVR.

Orari e indicazioni per l'accesso ai fondi:

Orario di apertura al pubblico:
Lunedì – Venerdì – Sabato 8:00 – 14:00
Martedì – Mercoledì – Giovedì 8:00 – 17:30

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