Primicerio di San Marco ( inizio sec. IX - 1807 ottobre 19 )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente e associazione della chiesa cattolica

Altre denominazioni: Primiceriato marciano di Venezia

Condizione: <span class="translation_missing" title="translation missing: it.EC">Ec</span>

Sede: Venezia

Profilo storico / Biografia

Le origini del primicerio di San Marco risalgono ai tempi più remoti della civitas Venetiarum; il suo antecente storico è attestato già nel maggio 819, prima dell’edificazione della basilica marciana, nella donazione della chiesa privata di Sant’Ilario, da parte dei dogi Agnello e Giustiniano Partecipazio alla presenza del patriarca gradense Fortunato e del vescovo di Olivolo Cristoforo, a Giovanni abate del monastero di San Servolo, atto rogato dal notaio Demetrio che si qualifica come primicerius nostre capelle.
Non è noto l’anno di istituzione di questa dignità, forse gli inizi del secolo IX, identificabile come il primo dei chierici-notai della corte ducale con funzioni cancelleresche e responsabile del clero in servizio liturgico nella cappella ducale precedente alla quella marciana, dedicata a san Teodoro. L’etimo, ricorrente nelle fonti romano-imperiali ed ecclesiastiche, definisce una persona posta in posizione di preminenza in un determinato ordine, ad esempio nella corte pontificia il primicerius notariorum, il capo dei notai attestato dalla metà del secolo IV; il primicerius defensorum, il capo del collegio degli avvocati difensori e il primicerio della cancelleria apostolica, a partire da papa Adriano I (771-795).
In età medievale il termine si diffuse anche al di fuori della corte papale, designando una dignità o un ufficio capitolare. Il primicerio era infatti l’ecclesiastico incaricato nei capitoli cattedrali dell’istruzione dei chierici minori e di dirigere il canto corale, terza carica capitolare dopo l’arcidiacono e l’arciprete. Non mancano tuttavia casi in cui il primicerio risulti invece la prima dignità di un collegio capitolare e questo è il caso del primicerio della corte ducale che – in seguito all’arrivo nelle lagune venete, secondo la tradizione, del corpo di san Marco da Alessandria d’Egitto nel 828 e dell’edificazione della chiesa ducale per la custodia delle spoglie dell’evangelista consacrata l’anno successivo – acquisì un’importanza centrale nel quadro di quella precisa politica di autonomia del ducato veneziano rispetto agli imperi carolingio e bizantino contestuale alle vicende determinate dalla pace di Aquisgrana (812) e dal sinodo di Mantova (827), fondata sul principio di sacralità del potere ducale (potestas circa sacra) con precise simbologie religiose di chiara ascendenza constantiniana.
Da quel momento fino al tramonto della repubblica marciana i dogi furono titolari del giuspatronato della chiesa ducale, prerogativa ricorrentemente affermata e rivendicata nel corso dei secoli e la affidarono ai loro primiceri – da quel momento «di San Marco» –, sempre investiti dall’autorità ducale e loro delegati per tutti i compiti in spiritualibus, coadiuvati da altri canonici per le celebrazioni liturgiche e l’ufficiatura del coro che formarono in seguito il capitolo di San Marco, paragonabile a un capitolo cattedrale. Parallelamente per tutte le questioni in re administrativa i dogi affidarono la cappella ai procuratori di San Marco, attestati già dal secolo X.
La chiesa ducale e i suoi capi spirituali, i primiceri, furono fin dai primi tempi sottratti alla giurisdizione vescovile e patriarcale, come si deduce dall’atto di fondazione del monastero di San Giorgio maggiore del 20 dicembre 982, dove il doge Tribuno Memo dichiara San Marco capella nostri palacii et libera a servitute sancte matris Ecclesie, mentre probabilmente il resto del clero marciano dipendeva ancora in questa prima fase dall’autorità ecclesiastica locale.
In quanto rappresentate spirituale della massima autorità dello stato, il primicerio ottenne progressivamente l’elevazione della sua dignità attraverso un intreccio di privilegi concessi dai pontefici e di diritti acquisiti per via consuetudinaria in quanto la basilica marciana, oltre all’esenzione, usufruì precocemente anche dello status di chiesa matrice (detentrice di specifici diritti, fra cui la presenza di tutti i pievani delle chiese soggette in cerimonie particolari come il Natale, l’Epifania e il sabato santo, insieme ad altre dimostrazioni di riverenza), attribuzioni che comportarono ricorrenti conflitti e controversie con l’ordinariato locale, aggravati dall’assenza già in età medievale dei presunti privilegi apostolici (qualora ve ne fossero mai stati) attestanti tali prerogative, in primis l’atto fondativo di esenzione dall’ordinario. Mancò quindi ben presto «un titolo positivo a fondamento dell’esercizio di quel potere giuridico» (Miele) per cui ci si affidò sempre all’immemoriale, mascherando l’assoluta mancanza di un atto istitutivo preciso, perchè dimenticato, perduto, oppure mai esistito.
I privilegi, le prerogative, le onorificenze e le consuetudini che primiceri assunsero e accumularono nel corso dei secoli, furono i seguenti: la concessione dell’uso della mitra, del bacolo pastorale e dell’anello, simboli sacri qualificanti la dignità vescovile che resero il primicerio la terza carica per importanza dopo il patriarca di Grado e il vescovo di Castello (la seconda dal 1451, dopo il patriarca di Venezia) da Innocenzo IV nel 1252; la facoltà del rocchetto, la concessione dell’indulgenza di 40 giorni e il conferimento della prima tonsura da Alessandro V nel 1409; concessione di benefici nel vicentino, padovano e bresciano da Giulio III nel 1548 (fino ad allora il primicerio disponeva di modeste rendite nel litorale di Pellestrina); la conferma dei privilegi precedenti e l’aggiunta di altri, fra cui il conferimento dei quattro ordini minori, la benedizione delle sacre vesti in uso nelle chiese soggette, la benedizione di oggetti e paramenti quando non era necessaria la sacra unzione, la benedizione solenne al popolo nella chiesa di San Marco e nelle altre soggette da Clemente VIII nel 1596; infine i diritti di rilascio delle lettere dimissorie per gli ordini maggiori, dell’ordinazione sacerdotale e delle licenze ai confessori a San Marco e nelle altre chiese soggette da Alessandro VIII nel 1690.
Tali attribuzioni resero il primicerio una sorta di “quasi” vescovo, poiché restava tuttavia privo della consacrazione episcopale e non godeva di potestà propria derivante dalla plenitudo potestatis del romano pontefice, bensì impersonificava la vicarietà in spiritualibus rispetto al doge, insieme a tutti gli altri chierici della cappella marciana, il quale esercitava pure potere giurisdizionale in campo disciplinare e penale sul clero addetto (primicerio compreso). La vicarietà è esplicata anche nel caso delle visite pastorali nelle chiese di giuspatronato ducale: il primicerio le svolgeva come un normale vescovo, ma l’indizione spettava al doge che delegava l’esecuzione al primicerio.
La procedura di elezione del primicerio variò nel corso della sua millenaria esistenza: fino all’inizio del Trecento era eletto dal capitolo marciano con procedura elettorale di doppio grado secondo l’uso veneziano a cui seguiva l’investitio ducale; alla metà di quel secolo il doge Andrea Dandolo intervenne decretando autorizzazioni preliminari; nel 1501 Agostino Barbarigo esautorò definitivamente il capitolo, arrogando al doge il diritto di elezione, comunicando poi la nomina al collegio, procedura riconosciuta nel 1577 dal maggior consiglio. L’investitura avveniva nella dimora dogale con la presenza almeno dei consiglieri, se non della signoria e del collegio.
Parallelamente al conferimento di privilegi pontifici e consuetudinari i primiceri beneficiarono dell’ampliamento del territorio di loro competenza in conseguenza dell’aumento del numero delle chiese soggette al giuspatronato ducale oltre alla basilica matrice e collegiata di San Marco (comprendente anche le cappelle esistenti all’interno del palazzo ducale, l’oratorio privato del doge, la cappella delle pubbliche carceri e l’altare entro la fusta): nel 1252 Innocenzo IV, riconfermando l’esenzione dalle giurisdizioni patriarcale e vescovile, concesse al primicerio la parrocchialità alla chiesa di San Marco, nel 1496 Alessandro VI concesse quella collegiata di San Giovanni elemosionario, anche se il territorio parrocchiale rimase soggetto al vescovo castellano. Divennero di giuspatronato ducale (quindi primiceriali) altre chiese veneziane, prive di parrocchialità: la rettoria di Santa Maria in Broglio (o dell’Ascensione), il priorato di San Gallo annesso all’omonimo ospizio nella zona di San Marco; la rettoriale collegiata di San Giacomo apostolo a Rialto; l’oratorio di Santa Maria vergine dell’Anconetta nel sestiere di Cannaregio; le chiese di San Niccolò dei marineri, dei Santi Pietro e Paolo presso l’omonimo ospedale, di Santa Maria del Rosario presso le terziarie domenicane a San Martino, di Santa Maria della Consolazione (o della Pietà) con la cappella aggregata della Beata Vergine dell’Arsenale a San Giovanni in Bragora nel sestiere di Castello; la chiesa dell’ospedale nell’isola di San Servolo. Infine nel 1472 i monaci benedettini donarono il monastero di Santi Filippo, Giacomo e Apollonia alla chiesa ducale che divenne residenza primiceriale.
Si giunse così alla configurazione, definita completamente nel secolo XVIII, del primiceriato marciano, funzionante e strutturato come un prelatura costituita da un territorio composito, un arcipelago di luoghi sacri, con un popolo soggetto, canonicamente definibile come dioecesis nullius – diocesi separata – entro i confini del Patriarcato di Venezia, ma esente da questo.
Per il governo della prelatura già dal secolo XVI si sviluppò una curia primiceriale con funzioni e struttura analoghe a quelle di una normale curia episcopale, costituita dal primicerio coadiuvato da un vicario primiceriale con funzioni subordinate e talora sostitutive anch’esso di nomina ducale, un cancelliere primiceriale, il defensor matrimonii e un ufficiale giudiziario.
In quanto paragonabile a un vescovo il primicerio disponeva di attribuzioni e competente giudiziarie simili: «Anche il primicerio aveva il suo tribunale, ove trattavansi in prima istanza le cause appartenenti a quella basilica ducale e alle chiese che dipendevano da essa: né si portavano le appellazioni che al solo nunzio apostolico, perciocché la basilica non era soggetta per guisa alcuna alla patriarcale giurisdizione» (Cappelletti).
Non mancò neppure un seminario “diocesano” – nel rispetto delle norme tridentine – finalizzato alla formazione del clero marciano: alla fine del secolo XVI fu istituito il seminario ducale in un primo tempo a Sant’Apollonia, poi trasferito a San Niccolò dei marineri a Castello, retto dai padri Somaschi.
Il primiceriato marciano non si estinse con la fine dello stato veneto, ma perse le sue ragioni di legittimazione e significanza col venir meno dell’istituzione dogale. Da quel momento iniziarono ripetuti tentativi di porne fine, perseguiti vanamente dalla Municipalità democratica nel 1797 e poi dagli austriaci nel 1802, ma giunsero invece a maturazione per impulso del napoleonico regno d’Italia che stabilì la soppressione della singolare prelatura con il decreto del 19 ottobre 1807, stabilendo contestualmente il trasferimento della cattedrale del Patriarcato di Venezia da San Pietro di Castello a San Marco e la fusione del capitolo marciano con quello castellano nel quadro del progetto di ristrutturazione e razionalizzazione della chiesa veneziana definito e realizzato negli anni 1806 – 1810.
L’ultimo primicerio Paolo Foscari morì il 18 gennaio 1810 investito ancora nella sua persona del titolo primiceriale, le sue rendite furono devolute al capitolo della chiesa cattedrale di San Marco, secondo quanto disposto dal prefetto dell’adriatico al canonico sindaco della mensa capitolare, in data 21 agosto 1810.
Nel 1816 il governo austriaco non provvide a nuove modificazioni, confermando l’assetto stabilito della precedente dominazione. Qualche anno dopo giunse infine la sanatio canonica della Santa Sede con l’emanazione nel 1821 della bolla Ecclesias quae di Pio VII che confermava la nuova organizzazione della chiesa veneziana.

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Complessi archivistici

Compilatori

  • Prima redazione: Davide Trivellato - Data intervento: 31 dicembre 2007
  • Revisione: Annamaria Pozzan - Data intervento: 04 febbraio 2019